Spirit Fingers – Spirit Fingers [Shananachie 2018]
Uno dei video più famosi della pop-band OK Go, The One Moment, ci fa vedere un’esplosione lenta e continua di milioni colori, tra vernice che vola, vetri spaccati, brillantini che coprono ogni angolo dello schermo per tutta la durata della clip. In realtà sono 4.2 secondi di girato rallentati in slow motion, tanto da durare in totale più 4 minuti, ma il gioco del ritmo cinematografico investe lo spettatore con un senso di meraviglia, di un’esplosione di mille emozioni in un tempo sospeso. La stessa sensazione, stavolta nell’ascolto, é nell’album omonimo degli Spirit Fingers. Layers di metriche minimaliste che si sovrappongono, creando il terreno fertile per melodie seducenti e soli tiratissimi sopra a progressioni fusion mai banali. Succedono una molteplicità di cose, e succedono tutte nello stesso momento senza staccare un attimo l’attenzione dello spettatore.
Gli Spirit Fingers sono un quartetto che ruota attorno al pianista Greg Spero, insieme al bassista Hadrien Feraud, al batterista Mike Mitchell ed al chitarrista Dario Chiazzolino. Hanno un ruolino di marcia simile a tanti act della nuova fusion: un parterre di musicisti dalla tecnica spaventosa, spesso già affermati per la loro tecnica attraverso clip su YouTube e spesso già affermati turnisti. Vincenzo Martorella nel suo Storia della Fusion [Arcana] dice che uno dei criteri in comune alle nuove generazioni di musicisti fusion é quello di ‘non avere nel loro DNA il jazz come prima lingua’. Criterio che qui si applica solo in parte, anche perchè agli Spirit Fingers l’etichetta fusion sta più stretta che ad altri. Greg Spero ha all’attivo un background jazz abbastanza netto: é passato attraverso l’influenza e lo studio con Herbie Hancock, ha suonato con Robert Irving III, Arturo Sandoval, Corey Wilkes. Ma ha alternato a questo il lavoro come sound designer e turnista in ambito pop, ultimamente con la cantante Halsey. E poi due album poliedrici basati sul trio, Electric e Acoustic, che ne hanno messo in luce già le influenze. Entrambi con Makaya McCraven alla batteria, altro nome importante della fusion americana contemporanea.
Nel 2016 durante il tour con la band di Halsey, incomincia a comporre il materiale che diventerà la base di Spirit Fingers, registrando parti complesse, basate su pattern diversi tra mano sinistra e destra. Attraverso queste idee ritmiche e melodiche nasce la struttura di Polyrhythmic, il gruppo che cambierà poi il nome in Spirit Fingers. La struttura é complessa, ma l’idea di fondo é semplice: far dialogare tra loro le poliritmie in una quartetto dallo stampo di contemporary jazz. Quello che colpisce delle composizioni di Spero é la capacità di sviluppare melodicamente ed armonicamente il materiale, pur attraverso una predominanza della dimensione ritmica.
La prima traccia Inside é già il manifesto dell’intero album: Greg Spero porta due accordi su un ritmo in 4, mentre la melodia all’unisono con la chitarra é su base 5. Basso e batteria improvvisano su due layer di ritmi alternativi, prima di iniziare un indiavolato latin che termina in una feroce scala discendente all’unisono di tutti e quattro. Il primo solo é di Spero, ricco di melodicità e deliziose citazioni. E sostenuto da un devastante Mike Mitchell, che snocciola doppia cassa e rullate con una potenza primordiale che ricorda il Rashied Ali in Interstellar Space di John Coltrane. In questi primi minuti ci sono già i Return to Forever dell’epoca di Romantic Warrior con gli unisono tra Corea ed Al Di Meola, ma c’é anche tanto equilibrio di jazz contemporaneo, soprattutto di matrice europea, come ad esempio potremmo sentirlo nei Phronesis. Lentamente i quattro costruiscono un’immagine vivida, come se ci portassero di fronte all’obiettivo di una macchina da presa, che si sposta gradualmente dalla melodia centrale al ritmo che opera alle spalle. E nell’interplay giocano tra ritmo e dinamiche svelando ad ogni battuta una nuova sorpresa.
Due anni di lavoro dal vivo prima della produzione disco si fanno vedere proprio in questi dialoghi. Diverse tracce del lavoro di esordio hanno avuto una gestazione che é partita dal lontano e già sono state ascoltate su YouTube in versioni dal vivo -ad esempio la stessa Inside era nota come Tune 12. Subito dopo aver scritto le strutture dei pezzi, Spero crea l’ossatura dei Polyrhythmic partendo da Hadrien Feraud, bassista francese che già da un decennio é un nome affermato nella scena fusion a partire da Industrial Zen di John McLaughlin, album con un ruolo capitale nel ridefinire le influenze della fusion degli anni 2000. Poi ha nel curriculum collaborazioni con Chick Corea (suona in The Vigil), Bireli Lagrene, Hiromi, Vinnie Colaiuta, Lee Ritenour, Frank Gambale. Se Feraud é già conosciuto nell’ambiente, il batterista Mike Mitchell é una vera e propria scoperta. Nella fattispecie di Stanley Clarke, talent scout su YouTube, che immediatamente lo porta in tour con sé. Ha appena 24 anni, ma snocciola una tecnica impressionante e -soprattutto- freschissima, originale. E’ originario dello stesso Texas dal quale proviene il nucleo degli Snarky Puppy -per il gioco dei luoghi di nascita allora bisogna dire che Spero viene da Chicago come Herbie Hancock. E cresce con con tanti punti in comune alla corrente del gospel drumming, inserendo nella sua tecnica tanto hip hop. A questi si aggiunge prima il chitarrista Marco Villareal, che nel disco di esordio viene sostituito da Dario Chiazzolino. Torinese, talento giovanissimo, esordisce sul grande palcoscenico registrando e poi andando in tour con gli Yellowjackets. Nel suo bagaglio di tecnica concilia con irridente facilità sweep, legati e lick da shredder metal alle corde nylon (solo su questo album, solitamente suona anche in elettrico) dal sapore gypsy -come nel solo ipertecnico ed iperpulito di Try, o nei difficilissimi cambi di tempo di quello di Maps.
Suonare una melodia tonale e riuscire a renderla interessante può essere un’impresa incredibile. Lavorare sul ritmo può essere l’unica via d’uscita, come ad esempio su il tema principale di For, basato su due cellule ritmiche che si alternano rimbalzando tra il 4/4 degli accordi ed il tempo composto. Il risultato é magico, riuscendo a rendere cantabile ed allo stesso tempo fresca, nuova, la linea melodica. Il basso di Feraud é in evidenza portando le linee melodiche ancora più che la parte ritmica. Ed un lavoro sul tema simile c’é anche in Find, originariamente Tune 16. Tutte e due le tracce mantengono una sensazione di leggerezza, muovendosi su progressioni più classiche che jazz, ricordando l’Esbjorn Svensson Trio oppure i contemporaneai GoGo Penguin ed i trio neoclassici europei.
Eppure gli Spirit Fingers mantengono un suono estremamente personale per tutto l’album. Una miscela di funk, contemporary jazz, latin. E poi la scelta di partire da un organico acustico con piano e chitarra classica come due strumenti melodici é sempre rischiosa, ma il risultato é una lucentezza che richiama le melodie solari di Kurt Rosenwinkel. Tanto che lo stesso Feraud, che suona l’unico strumento elettrico del gruppo, utilizza frequentemente il pedale del volume, quasi per renderlo più acustico. E la chimica di gruppo, che esce fuori in maniera vividissima nelle lunghe jam estese, traspare anche nella registrazione.
Con gli Spirit Fingers non siamo nell’ambito della scena newyorchese che sperimenta con i ritmi più angolari del jazz contemporaneo, ma neanche nella fusion blasonata. Nelle sue intervista Spero magari cita tra le sue influenze più Tigran Hamasyan, che con il trio di Mockroot ha portato all’estremo le poliritmie, oppure la band metal svedese Meshuggah, tra gli antesignani -non solo nel metal- nell’utilizzo delle poliritmie. Partendo da un’idea ancora prima che da un sound, da lick sviluppati per l’interdipendenza delle mani, il tastierista riesce ad essere il corrispettivo ritmico di Jacob Collier: i giochi virtuosistici con l’armonia nei video di Collier diventano i giochi ritmici di Spero.
Armonia jazz e classica si fondono, ma c’é anche una melodicità pop e cantabile che pervade l’album e che lo rende accessibile anche quando complesso, estremamente complesso. Spirit Fingers é intriso di una disciplina gioiosa, da una certa spiritualità solare. I ritmi lavorano in maniera incessante per tutto l’album andando a creare un dialogo con l’ascoltatore che va al di là del singolo pezzo, cercando di creare una ritualità vicina alla ritual music di Nik Baertsch. Declinata spesso attraverso cambi di intensità da montagne russe, attraverso mille esplosioni di emozioni.
Scoperti attraverso AltProgCore.
Spirit Fingers
1 Inside
2 Maps
3 Try
4 For
5 Movement
6 Find
7 Space
8 Release
9 Location
10 Being
11 You
12 Realize
Greg Spero – piano
Dario Chiazzolino – chitarra
Hadrien Feraud – basso elettrico
Mike Mitchell – batteria
One of the most popular videos by pop band OK Go, The One Moment, shows a slow and constant explosion of thousands colors, from flying varnish, cracked glasses, and glitter spanning every corner of the screen for the whole duration of the clip. Actually it is just a 4.2 seconds long movie, which has been slowed down in slow motion finally resulting in a 4 minutes more duration. Camera’s movement astonishes the viewer with a sense of wonder, of an explosion of thousand emotions over a suspended time. Eponymous Spirit Fingers debut album drags a similar feeling. Layers of overlapping minimalist metrics, creating a fertile ground for seductive and intense melodies over fresh-sounding fusion chord progressions. Many things happen, and they all happen at the same time without moving listener’s glimps for a single moment.
Spirit Fingers are a quartet made around pianist Greg Spero, along with bassist Hadrien Feraud, drummer Mike Mitchell and guitarist Dario Chiazzolino. They have a road map similar to many of the new fusion acts: a lineup made of terrifyng musicians, who already gained reputation for their technique through YouTube clips and their session musician background. Vincenzo Martorella mentions that one of the criteria in common between the new generation of fusion musicians is of ‘not having jazz in their DNA as a first language’ in his Storia della Fusion [Arcana]. A criteria that partially fits here, adding that fusion label goes stricter to Spirit Fingers, more than others. Greg Spero has a fairly distinct jazz background: he went through the influence and study with Herbie Hancock, he played with Robert Irving III, Arturo Sandoval, Corey Wilkes. He interchanged this with working as a sound designer and a session musician in pop, lately with singer Halsey. And then two multifaced trio albums, Electric and Acoustic. Both with Makaya McCraven on drums, who is another name to mark in contemporary American fusion panorama.
In 2016 during the tour with the band of Halsey, Spero begins composing the material that will become the basis of Spirit Fingers, recording complex parts, based on patterns different between left and right hand. Through these rhythmic and melodic ideas the structure of Polyrhythmic sees the light, before the group will change name to Spirit Fingers. The structure is complex, but the basic idea is simple: let the polyrhythms interact and flow in a contemporary jazz quartet environment. What strikes most about Spero’s songs is the ability develop the material at melody and harmony level, even through a predominance of the rhythmic aspect.
Initial track Inside is already the manifesto for the entire album: Greg Spero plays two chords on a 4-beat signature and melody at unison with guitar on a 5-beats. Bass and drums improvise over two alternative rhythms layers, before to start a devilish Latin run and then ending in a ferocious descending scale played by the whole band. Spero offers a solo full of melody and delicious quotes. He is backed by a devastating Mike Mitchell rattling off double bass drum and snares with a primal power drenched in Rashied Ali‘s style like in John Coltrane‘s Interstellar Space. During the inital bit of sounds you can already hear reminiscences of Return to Forever‘s Romantic Warrior era with the unison lines played by Corea and Di Meola. But there is also a lot of contemporary jazz influence, mainly coming from Europe, taking Phronesis as an example. Slowly the four build a vivid image, as if they were taking us through the camera lens, then it gradually moves from the central melody to the rhythm that works in the background. They jokingly play with rhythm and dynamics, revealing a new surprise at each beat.
Two years of work mainly live before the album production are visible through this constant dialogue between the players. Several tracks were created long ago and they were already played on YouTube in live versions – for example, Inside was formerly known as Tune 12. After writing the structures of the tracks, Spero started Polyrhythmic line up from the french bass player Hadrien Feraud, who for a decade has been a well-known name in the fusion scene since John McLaughlin‘s Industrial Zen, an album that made a major role in redefining the fusion influences of the 2000s. His curriculum include collaborations with Chick Corea (he played on The Vigil), Bireli Lagrene, Hiromi, Vinnie Colaiuta, Lee Ritenour, Frank Gambale. If Feraud is already known in the scene, drummer Mike Mitchell is a real newbie. This time it was Stanley Clarke being the talent scout on YouTube and immediately taking him on tour. He is only 24 years old, but he owns an impressive and – most important – very new and original technical skillset. He is born in same Texas where the Snarky Puppy core comes from – incidentally, also Spero comes from Chicago as Herbie Hancock. And he grew up with many points in common with the gospel drumming members, adding hip hop influences to his playing. In addition to this lineup, former guitarist Marco Villareal is replaced by Dario Chiazzolino on the debut album. Turin-born, talented at very young age, he made his debut on the bigger audience when recording and then touring with Yellowjackets. He packs in a ridicolously easy way sweep, fast and shredder metal lick in his portfolio played on nylon strings (only on this album, he usually plays also electric guitar) together with a gypsy influence- as in Try‘s hyper-technical and hyperclean solo, or in the very difficult changes of signature in the one on Maps.
Playing a melody and being able to make it interesting can be an overwhelming task. Mastering the rhythm inflections is an option, whether simple it may look like, as in example on For‘s main theme based on two rhythmic distinct cells that alternate bouncing between 4 on 4 of the chords and the odd time. Resulting in a magic, they manage to make a singing melody at the same time fresh, new. Feraud is on the spot playing melodic lines even more than rhythm parts. And a similar arrangement is also found in Find’s theme, formerly Tune 16. Both tracks keep a shimmering feeling, moving over classic progressions more than jazzy, calling to mind what Esbjorn Svensson Trio or the contemporary GoGo Penguin and the trio European neoclassicals are doing.
Yet Spirit Fingers manage to keep extremely personal sound throughout the album. A mixture of funk, contemporary jazz, latin. And then choosing to start from an acoustic organic with piano and classical guitar as two melodic instruments can be seen as a risky move, but the result is winning and provides a brightness sense similar to those solar melodies you can find in Kurt Rosenwinkel. Even Feraud, who plays the only electric instrument in the group, frequently uses the volume pedal, almost to make his instrument sounding more acoustic. Band’s chemistry, which comes out very vividly in the long extensive jams, also transpires in the recording.
With Spirit Fingers we are not part of the New York scene that experiments with the most angular rhythms of contemporary jazz, but not even in fancy fashioned fusion spotlight. In his interviews Spero cites among his influences Tigran Hamasyan, who with the trio of Mockroot has led to the extreme polyrhythms, or the Swedish metal band Meshuggah, among the forerunners – not just in metal – in the use of polyrhythmics. He start from an idea like developing for the interdependence of the hands before than even thinking a sound. The keyboard player manages to be the rhythmic correspondent of Jacob Collier: the harmonic virtuoso workout in Collier’s videos becomes the rhythmic virtuoso work of him.
Jazz and classical harmony are brought in both, but there is also a pop and sing-along feeling that pervades the album and makes it accessible even if complex, extremely complex. Spirit Fingers is drenched with a joyful discipline, with a certain solar spirituality. The rhythms work incessantly throughout the album going to create a dialogue with the listener that goes beyond the single piece, thus creating a ritual close to the ritual music in Nik Baertsch. Declined often through roller coaster-like intensity changes, through a thousand outbursts of emotions.
Thanks to AltProgCore for discovery.
Spirit Fingers
1 Inside
2 Maps
3 Try
4 For
5 Movement
6 Find
7 Space
8 Release
9 Location
10 Being
11 You
12 Realize
Greg Spero – piano
Dario Chiazzolino – guitar
Hadrien Feraud – electric bass
Mike Mitchell – drums