Slivovitz – LiveR [MoonJune 2018]

Slivovitz – LiveR [MoonJune 2018]

Dec 17, 2017 0 By Marcello Nardi

English version

Se chiedete a mia madre il suo attore preferito lei vi risponde Humphrey Bogart. ‘Ma non é bello’ ‘Si, ma é affascinante’. E poi vi fa una sfilza di attori belli che non ballano. Ecco, uso questa metafora per dire che un bel disco da studio seguito da un live non all’altezza, é un bello che non balla. Esempio che non si addice proprio a LiveR degli Slivovitz, visto che é un lavoro che balla un prog tiratissimo dal sapore di funk, incrociato tra tempi composti, groove aggressivi e melodie etniche.

Nati nel 2001 a Napoli, hanno alle spalle 5 album ed un’attività live consistente, oltre che una line-up ormai stabile. Partono da un jazz-rock anni ’70 con -appunto- prog, funk, scale che vanno dal balcanico all’arabo condite con sensibilità mediterranea, cantabili e inusuali allo stesso tempo. Ma via via col tempo amalgamano gli ingredienti, rendendo sempre più difficile separare le singole influenze all’interno del loro sound. Facile capire, vedendo input così diversi tra loro, perché dal secondo album vengano assoldati dallo zio d’america Leonardo Pavkovic, da sempre attratto agli incroci dal pedigree inimmaginabile per il catalogo MoonJune. Nell’ultimo lavoro del 2015, All You Can Eat, riescono a sintetizzare al meglio questo equilibrio tra la semplicità delle linee melodiche ed una complessità della scrittura, ben nascosta dal gran lavoro in studio in fase di arrangiamento. LiveR si compone di sette tracce, delle quali sei registrate a La Casa di Alex a Milano nel 2016. Riprende pezzi dai precedenti album declinandoli in un sound potente, viscerale diretto e coinvolgente. Una performance che gli Slivovitz hanno ripetuto con lo stesso impatto a Progressivamente a Roma a settembre di quest’anno.

Slivovitz, oltre ad essere –casualmente, lo diciamo- il nome di un’acquavite dell’Europa orientale, é una mezza via tra la big band ed un gruppo rock: la dimensione dei sette elementi, senza nessun pianoforte o tastiera, la chitarra di Marcello Giannini con soprattutto compiti ritmici, due fiati, ovvero il sax di Pietro Santangelo e la tromba di Ciro Riccardi, il violino di Riccardo Villari e l’armonica di Derek Di Perri. Completati dal basso di Vincenzo Lamagna, new entry nell’ultimo album, e dalla batteria di Salvatore Rainone.

E’ più facile il paragone con la big band, soprattutto in un momento in cui tanti ensembles richiamano tante influenze prog e jazz-rock -mi vengono in mente esempi più o meno vicini come Andromeda Mega Express Orchestra, Nathan Parker Smith, Hooffoot, Amoeba Split, Forgas Band Phenomena.

Ma grazie alla dimensione ristretta gli Slivovitz guadagnano in flessibilità ed interazione tra i vari elementi rispetto ad un ensemble più grandi. Così se state pensando alla fusion degli Snarky Puppy, qui si trova un prog molto più tirato -andatevi a sentire la coda di Cleopatra che diventa un vero rompicapo ritmico, quasi da math rock. E con un gran lavoro di incorporazione di influenze etniche.

Un live con un forte sound d’impatto -e per questo c’é da andarsi a sentire Negative Creep, pezzo storico di Bleach dei Nirvana, reso ancora più grezzo e tirato, se possibile. O la poderosa coda della iniziale Mai Per Comando che passa con nonchalanche dal metal al tema del chorus quasi ironico. La Egiziaca di LiveR é poi il perfetto esempio dell’anima della band: la tiratissima intro corale lascia spazio all’altrettanto tirato tema del riff orientale. Dopo un minuto e trenta l’atmosfera diventa improvvisamente rarefatta: un solo equilibratissimo della tromba di Riccardi, che cresce lentamente sospinto dall’interplay degli strumming nervosi di Giannini e dal dialogo della sezione ritmica: ci ritroviamo d’improvviso nel Miles Davis del periodo più acido e scuro dell’era elettrica, quello del periodo ’73-’75. La conclusione é un R&B con l’armonica di Di Perri a tirare la volata sul ritmo 4+5 conclusivo. Prima che il pezzo ritorni improvvisamente calmo e poi di nuovo potente.

Gli Slivovitz hanno una capacità di tirare e lasciare, gestire il groove che nella dimensione live viene fuori ancora più che su disco.  Dando più risalto alla chitarra di Giannini –vero e proprio deus ex machina che emerge nel live- alla potenza dei soli di Santangelo, come nel funk dal ritmo sbilenco di Currywurst: 5 minuti tiratissimi sui quali si esaltano i solisti, prima della eterea coda finale fatta dagli arpeggi della chitarra. Lo spazio rimane alle geometrie del violino di Villari, prima accennate poi sempre più delineate. Sotto sentiamo emergere il primo tema funk portato dai fiati e dall’armonica, spogliato di tutta la sua potenza, quasi un ricordo della potenza in nuce, che si ricompone nelle ultime battute. Uno dei momenti più esaltanti del live, anzi LiveR.

Slivovitz
LiveR

1. Mai Per Comando 05:41 (Giannini/Santangelo)
2. Cleopatra 07:37 (Santangelo)
3. Currywurst 07:53 (Giannini)
4. Egiziaca 08:30 (Santangelo)
5. Mani In Faccia 07:53 (Giannini)
6. Negative Creep 05:10 (Cobain)
7. Caldo Bagno 07:50 (Giannini/Manzo)

English version

When I ask my mother about her favorite actor, she answers Humphrey Bogart. ‘He is not handsome!’ ‘But he’s charming’. And then there is a slew of beautiful actors who are handsome, but not charming. This metaphor hints at a nice studio album followed by a live not standing for it, like an handsome actor, missing any charm. An example that does not suit Slivovitz‘s LiveR, a beautiful job that has charm as well with a very well-designed prog with a funk flavor, crossed by cross tempos, aggressive grooves and ethnic melodies.

Born in 2001 in Naples, they have 5 albums and a consistent live activity behing, as well as a stable line-up. They start from a 70s jazz-rock background mixed with prog, funk, oriental/balkan scales topped with Mediterranean sensibility, singable and unusual at the same time. But gradually as they mix the ingredients, it increases difficulty to separate the individual influences in their sound. Easy to expect, given so different inputs, that starting from the second album they began working with lo zio d’America Leonardo Pavkovic, always attracted to the strangest mixtures for the MoonJune catalog. In their latest recording album to date in 2015, All You Can Eat, they manage to summarize at best this balance between the simplicity of the melodic lines and a complexity of writing, well hidden by the great work in the studio during the arrangement.

LiveR includes seven tracks, six of which have been recorded at La Casa di Alex in Milan in 2016, choosing pieces from the previous albums and replaying them with a sound powerful and immediate. A performance that Slivovitz backed with same impact at Progressivamente in Rome in September this year.

Slivovitz, besides being –incidentally– the name of an alchool drink from Eastern Europe, is an half way between the big band and a rock band: the size of the seven elements, without any piano or keyboard, the guitar of Marcello Giannini with mainly rhythmic tasks, two winds, the saxophone of Pietro Santangelo and the trumpet by Ciro Riccardi, the violin by Riccardo Villari and the harmonica by Derek Di Perri. Rhythm section played by Vincenzo Lamagna at the bass, new entry in the last album, and Salvatore Rainone at the drums.

Comparing them with the big band line-up is easier, especially at a time when many ensembles recall so many prog and jazz-rock influences – some examples like Andromeda Mega Express Orchestra, Nathan Parker Smith, Hooffoot, Amoeba Split, Forgas Band Phenomena.

But due to the small size the Slivovitz gain in flexibility and interaction degree between the various elements in comparison to a larger ensemble. So if you are thinking about the Snarky Puppy, here is a much more powerful prog – check Cleopatra‘s coda that becomes a real rhythmic puzzle, almost math rock. And with a great job of incorporating ethnic influences.

A live with a strong impact sound – this time check Negative Creep, from Nirvana’s historical Bleach‘s, made even cruder and intense, if possible. Or the powerful code of the starting track Mai Per Comando that moves with nonchalanche from metal to the almost ironical main them theme. Egiziaca is the perfect example of the soul of the band: the very tight choral intro leaves space to the equally intense theme of the oriental main riff. After a minute and thirty the atmosphere suddenly becomes rarefied: a balanced solo by Riccardi‘s trumpet, which grows slowly, driven by Giannini‘s interweaving of nervous strumming and the dialogue of the rhythm section: we find ourselves suddenly in the Miles Davis of the most acid and dark of the electric age, the period ’73 -’75 era. The conclusion is a R & B with the harmonica of Di Perri to pull the sprint on the final 4 + 5 rhythm. Before the piece suddenly returns calm and then again powerful.

Slivovitz have the ability to pull and leave, to handle the groove that comes out even more than on the studio recording . Giving more prominence to Giannini’s guitar -real deus ex machina emerging in stage context- to the power of Santangelo‘s solos, as in the funk from the lopsided rhythm of Currywurst: 5 speeded up mins when soloists deliver exhilarating efforts, until guitar arpeggios unveil final coda. There is room for Villari‘s geometric lines on violin. Beneath we hear the initial funk theme played by brasses and harmonica, removed of all its initial violence, almost a remembrance of the potential power, which is finally unified in the ending bars. One of the most exhilarating moments of this live, better LiveR.

Slivovitz
LiveR

1. Mai Per Comando 05:41 (Giannini/Santangelo)
2. Cleopatra 07:37 (Santangelo)
3. Currywurst 07:53 (Giannini)
4. Egiziaca 08:30 (Santangelo)
5. Mani In Faccia 07:53 (Giannini)
6. Negative Creep 05:10 (Cobain)
7. Caldo Bagno 07:50 (Giannini/Manzo)