Dominique Vantomme – Vegir [MoonJune 2018]

Dominique Vantomme – Vegir [MoonJune 2018]

Jan 16, 2018 1 By Marcello Nardi

English version

Un’ostinato costituito su un accordo di Fender Rhodes, una nota di basso in slide dal registro basso a quello alto, un soundscape di chitarra ed i piatti a portare un rock moderato. Pochi ingredienti, eppure capaci di tenere l’ascolto incollato nel senso di attesa per qualcosa che lentamente succederà, per sette minuti, senza far sentire il passare del tempo. Non cambierà molto di questo scenario, ma quando prima la chitarra porta una nota con la lead, poi il basso ripete il suo stesso tema con la compressione la tensione cresce con lentezza. Ecco che anche il Rhodes risponde: una piccola scala ascendente, quasi completamente fuori tonalità. Che cambia e completa finalmente il senso del tutto. E’ uno dei rarissimi interventi solisti di Double Down, pezzo di apertura di Vegir di Dominique Vantomme. Una traccia costruita attorno ad un tema scarno e l’improvvisazione del quartetto creato dal pianista belga, che crea un senso di tensione dilatatissimo, che esploderà nel finale del pezzo. E quella piccola scala vale da sola il prezzo del biglietto.

Dominique Vantomme é al primo lavoro con la MoonJune Records ed é una scoperta, anche se di scoperta non si può parlare visto che lui e Leonardo Pavkovic si conoscono da tempo. I due si sono ripromessi in passato di lavorare insieme, ed oggi Vegir ne é il prodotto. Pianista belga con una base classica presto passato al jazz, Vantomme nel frattempo ha portato avanti il trio Root, con il quale ha sviluppato una miscela che ricorda tanto jazz contemporaneo europeo: improvvisazione bilanciata da cadenze classiche ed armonia jazz, linee aggressive, vicine al prog, o cadenze melanconiche che richiamano il neoclassicismo e che troviamo spesso in tanti trii oggi, come ad esempio i Gogo Penguin.

Quando Pavkovic fa ascoltare una registrazione di questo trio a Tony Levin, nasce l’idea di incastrare una giornata di session tra il tour degli Stick Men e la leg europea dei King Crimson. In meno di una settimana viene organizzata la session di lavoro, dove Levin e Vantomme vengono raggiunti dal chitarrista -ed insegnante di letteratura, per inciso- belga Michel Deville, già presente in album della MoonJune sotto vari nomi, douBt, Machine Mass, The Wrong Object, quest’ultimo gruppo in cui aveva suonato anche con Elton Dean. A loro si aggiunge, su suggerimento di Vantomme, il batterista Maxime Lessens. E la session avviene in una giornata, il 29 ottobre 2017. Pochi temi, portati da Vantomme, e perlopiù improvvisazione del quartetto.

Sizzurp ha una partenza alla Porcupine Tree prima maniera: Lessens porta un groove sui tamburi che potremmo sentire da Gavin Harrison, mentre la cadenza struggente del Fender Rhodes, ricca di riverberi e tremolo, viene contrappuntata da Tony Levin. Pochi minuti di intro vengono sviluppati in maniera psichedelica e dilatatissima. Deville predilige più creare atmosfere distorte, ricche di wah wah o whammy, che i soli. Più volte ricorda Jean-Paul Bourelly, entrambi non a caso influenzati da Hendrix: il francese con i suoi tributi regolari, mentre Delville l’anno scorso ha pubblicato un tributo con i Machine Mass.

Fa parzialmente eccezione Emmetropia dove é il chitarrista a portare l’ostinato sul quale Levin costruisce uno dei suoi inconfondibili temi semplici, immediati e potenti. Prima Delville, poi ancora Vantomme con un solo denso e carico di intensità -ancora una volta é la scelta delle note out a fare la differenza! Un’altro momento del pianista belga é in Playing Chess with Barney Rubble: un groove solido guidato da Tony Levin al basso con le bacchette lascia spazio nella parte centrale ad una progressione galoppante, solare di Vantomme, che al pianoforte elettrico modula tra diverse tonalità. Un solo in cui si apprezza il suo sound ricco di echi, con grandissimo gusto, prima del finale del pezzo che cresce pian piano in aggressività. E merita di essere citata la chiusura dell’album affidata alla breve Odin’s Wig, che mette in luce un Delville che richiama il Terje Rypdal di Odyssey.

Vegir é un album con un sound molto coeso: ritmi moderati, una sonorità stabile tra i vari pezzi, equilibrio tra i momenti di acidità ed intensità da una parte e le sonorità calde e brillantine, soprattutto del Rhodes dall’altra -si sente il lavoro di mastering di Mark Wingfield. Le improvvisazioni sono dilatate -ad esclusione dell’ultima, un frammento, la traccia più breve é la prima con i suoi sette minuti- e non forzano mai per cercare soluzioni estreme, ma sviluppano in maniera coerente la propria premessa. Tony Levin é un marchio di fabbrica in un lavoro di improvvisazione, ma Vantomme é la vera scoperta.

Dominique Vantomme
Vegir

1.Double Down 07:36
2.Equal Minds 10:19
3.Sizzurp 10:45
4.Playing Chess With Barney Rubble 09:04
5.The Self Licking Ice-cream Cone 13:08
6.Plutocracy 04:38
7.Agent Orange 09:46
8.Emmetropia 09:00
9.Odin’s Wig 01:54

DOMINIQUE VANTOMME: Fender Rhodes Electric Piano, Piano, Mini Moog, Mellotron
MICHEL DELVILLE: Electric Guitar
TONY LEVIN: Bass Guitar, Chapman Stick
MAXIME LENSSENS: Drums

English version

An ostinato chord built on Fender Rhodes, a bass note sliding from the low to the high register, a guitar soundscape and cymbals sustaining a moderate rock. Few ingredients, yet able to keep the listener sitting in the sense of waiting for something that will slowly happen, lasting seven minutes, without time passing by. It will not change much in this scenario, until guitar sustains a note with the lead and bass repeats its own theme adding the compression, then the tension grows slowly. Finally Rhodes answers them: a small upward scale, almost completely out of tonality. This changes and completes the meaning of the whole piece. It is one of the rare solos in Double Down, the opening track in Vegir by Dominique Vantomme. A track built around a lean theme and the quartet improvising on it, which creates a sense of expanded tension exploding at the end of the piece. And that small scale alone is worth the price of the ticket.

Dominique Vantomme marks his first solo work with MoonJune Records and it is a discovery, even if him and Leonardo Pavkovic know each other for a long time. The two have pledged themselves in the past, and today Vegir is the outcome. The Belgian pianist started with classical education and soon switched to jazz. In the meantime he built up his own Root trio, with whom he developed a blend reminiscent of contemporary European jazz: improvisation balanced by classical cadences and jazz harmony, aggressive lines, close to the prog sounds, or melancholic cadences that recall neoclassicism which we often find in many trios today, such as the Gogo Penguin.

When Pavkovic lets Tony Levin listening to their recording, they come to the idea of setting up a day session between the Stick Men tour and the European leg of King Crimson. In less than a week the working session is set up and Levin and Vantomme are joined by the Belgian guitarist -and a literature teacher, worth mentioning- Michel Deville. He is a long veteran in MoonJune under various monikers as douBt, Machine Mass, The Wrong Object, the latter group he played with Elton Dean. Drummer Maxime Lessens is added to the band following Vantomme’s suggestion. And the session takes place in a day, October 29th, 2017. Few themes, brought by Vantomme, and most of all improvisation of the quartet.

Sizzurp has a Porcupine Tree influenced intro: Lessens brings a groove on the drums we could have heard from Gavin Harrison, while the poignant cadence of Fender Rhodes, full of reverbs and tremolo, is counterpointed by Tony Levin. A few minutes of intro are developed in a psychedelic and widened manner. Deville focuses on creating distorted atmospheres, full of wah wah or whammy, more than soloing. He reminds Jean-Paul Bourelly several times, incidentally both inspired by Hendrix: the French with his regular tributes, while Delville published a tribute with Machine Mass last year.

Emmetropia makes an exception: it is the guitarist who brings the ostinato on which Levin builds one of his simple, immediate and powerful trademark themes. Initially Delville brings a solo, then again Vantomme playing an intense one -once again it is the choice of the notes he makes that makes the difference! Playing Chess with Barney Rubble is yet another landmark by the Belgian pianist: a solid groove led by Tony Levin on the bass with chopsticks makes way to a fast, solar, modulating progression by Vantomme at electric piano. The highlight is again his tasteful solo full of echo, before the closure, growing in aggressiveness. And it is worth mentioning the closing track of the album, the short Odin’s Wig, which showcases Delville remembering Terje Rypdal of Odyssey.

Vegir is made up with an highly cohesive sound: moderate rhythms, a stable sound among the various pieces, balance between moments of acid and intensity on one side and the warm and brilliant tones, especially from Rhodes, on the other -a mark to the mastering made by Mark Wingfield. Improvisations are extended -with the exclusion of the last one, a fragment, the shorter is the first track with its seven minutes- never pushing too much over the boundaries, but those are always developed as to coherently develop their own premise. Tony Levin is a trademark in the improvisation field, but Vantomme is a true discovery.

Dominique Vantomme
Vegir

1.Double Down 07:36
2.Equal Minds 10:19
3.Sizzurp 10:45
4.Playing Chess With Barney Rubble 09:04
5.The Self Licking Ice-cream Cone 13:08
6.Plutocracy 04:38
7.Agent Orange 09:46
8.Emmetropia 09:00
9.Odin’s Wig 01:54

DOMINIQUE VANTOMME: Fender Rhodes Electric Piano, Piano, Mini Moog, Mellotron
MICHEL DELVILLE: Electric Guitar
TONY LEVIN: Bass Guitar, Chapman Stick
MAXIME LENSSENS: Drums