Steven Wilson, King Crimson, Yugen, Nik Bartsch
Nella nuova newsletter Steven Wilson annuncia che sta già lavorando sul quinto album e su alcuni remixes. Spicca quello dei due album anni ’80 rimasti dei King Crimson; ritorna , quindi, a completare il lavoro dopo che Jakko Jakszyk si era occupato del remix di THRAK.
I due remix potrebbero finire nel cofanettone di goodies che David Singleton ha annunciato qualche mese fa: questo dovrebbe racchiudere i due album non ancora remixati degli anni ’80 dei King Crimson. L’anno si dovrebbe completare con un nuovo live -video?- previsto per prima dell’inizio del tour, oltre al Live in Toronto appena uscito, nella collaca KCCC.
E per finire anche un ‘nuovo libro sui King Crimson’. Che sia In the Court of King Crimson aggiornato come aveva annunciato Sid Smith qualche anno fa?
Mese intenso di uscite: oltre al Live in Toronto, l’ECM ha pubblicato la nuova -in realtà vecchia- formazione di Nik Bartsch’s Mobile, l’album é Continuum.
Ma altro lavoro che entra diretto nella futura classifica de ‘I Migliori del 2016’ é Death by Water degli Yugen.
Seguito di Iridule del 2010, Zago ci ha messo 5 anni per produrre un nuovo album, e sembra perfino troppo poco tempo visti a) i suoi impegni b) un organico ancora più allargato c) una scrittura -se possibile- ancora più complessa. Il linguaggio rock in opposition é portato all’ennesima potenza, i riferimenti dell’avanguardia classica sono sempre più ferocemente inclusi nella musica. Il tutto accanto a post-metal, brani cinematici, metriche assurde. Un album estremamente vario. Per la verità, a ‘leggerlo’ correttamente, la varietà é, anzi, lo specchietto per le allodole per nascondere il concept sotterraneo del lavoro.
Su tutto il disco campeggia un fantasma: quello di Conlon Nancarrow. Nel quarto numero di PROG Italia Francesco Zago aveva annunciato che Nancarrow sarebbe stato il punto di riferimento per quest’album. Per accrescere la complessità della scrittura, Nancarrow sembra perfino una scelta scontata per gli Yugen.
Cinically correct, l’impressionante pezzo d’apertura, é uno stato dell’arte di scrittura. Il pezzo é combinato per coppie di strumenti che suonano insieme, come indicato da Zago sempre nell’intervista. Prima le chitarre -la seconda é la 8 corde di Stefano Ferrian- dettano la ritmica, estremamente complessa, scritta e ferocemente distorta. Poi Fasoli al piano e Botta ai sintetizzatori con l’aggiunta di Jacopo Costa ai vibes tracciano le poliritmie. Quindi i fiati. Sezioni che dialogano in maniera feroce e violenta, sovrapponendo ritmie e temi.
Sempre poliritmie, ma stavolta con i fiati a farla da padrone giocando sulle dominanti dal sapore jazz: Undermurmur é un pezzo nancarrowiano in maniera ironica. Poi Death by Water é l’improvviso rilascio della tensione, sostenuta da un semplice arpeggio di chitarra. Quasi un intermizzo a la Steven Wilson. Si cambia ancora con i riff poderosi post-metal dell’intermezzo Ten Years After, con la sinistra ballad As it Was cantata da Elaine Di Falco, con il teatro d’avanguardia -debitore di Luigi Nono– di Der Schnee. Un disco di quarantadue minuti intensissimi, complicati, non-facili ed assolutamente sprezzanti dell’ascoltatore superficiale.