TesseracT – Polaris [2015]
La curiosità principale di Polaris dei TesseracT é capire come ha influito il passaggio in Kscope
della band. Interessante fare scommesse prima dell’ascolto su dove sarebbe andata la componente djent in un’etichetta che produce Anathema e Tim Bowness, che poco hanno a che spartire con il djent. In un’annata in cui Between the Buried and Me e Periphery, per fare esempi limitrofi, hanno sfornato album che non hanno abbandonato le radici, i TesseracT fanno capire perchè hanno sempre lavorato tanto sui loro album, come successe con One. La sensazione é Polaris riesca a spostare il tiro verso una direzione nuova, come forse il resto del djent dovrebbe fare.
Nonostante il granitico riff in 4+2 di Dystopia, sotto il quale la batteria di Postones crea una tipica polirtmica djent, qualcosa é non esattamente djent. Un lungo bridge atmosferico al centro del pezzo, linee melodiche semplicemente arrangiate, le linee vocali di Tompkins quasi funky soul nella seconda strofa.
E’ il preludio al pezzo più soprendente dell’album. Hexes é all’inizio una ballad delicata, introdotta da un bordone atmosferico, sul quale un arpeggio semplice da subito un senso di Anathema che stanno a guardare dalla finestra. E nel chorus le armonizzazioni della voci escono fuori da una canzone (!) dell’ultimo Sting. Il pezzo cresce intorno agli arpeggi terzinati prima in pulito, poi in un distorto grasso. A proposito, la scelta delle chitarre di suonare con meno overdrive e con un suono più metallico nel distorto é molto djent prima maniera, tanto da risultare decisamente ‘nuovo’ -vedi il suono criticatissimo del primo disco degli Animals as Leaders.
Un equilibrio tra djent/ambient (vecchia ricetta TesseracT) ed al prog che gioca tra psichedelia ed ambient stile Anathema torna su Tourniquet. Stavolta arpeggi in 4/4 e una ritmica al basso in quarti lasciano difficile distinguere i vecchi TesseracT. Oppure sentiamo Utopia: tutte le migliori ricette djent -perfino un rap nu-metal- accompagnato da un pervasivo ambient sotto, che suona a volte perfino sopra a batteria e distorsioni. Come in Cages, dove l’ambient lascia prima spazio alle voci -clean in praticamente tutto l’album, che qui concedono l’unico growl alla fine- per crescere gradualmente sullo stesso pattern fino alla fine. Insomma uno sviluppo del pezzo decisamente poco in linea con la ‘condotta djent’.
Messenger é forse il pezzo più old-style, costruito su un riff micidiale che tende sempre a strappare rabbiosamente alla rigida metrica di Postones, insieme a Phoenix e Survival. Costruiti su linee semplici sotto strutture complessissime dal punto di vista ritmico e di arrangiamento.
Polaris é infatti un album dal sound piuttosto integro e coerente, glaciale, attraversato da soluzioni non indimenticabili, ma ricercate, sperimentali, che sembrano rafforzare ancora di più l’idea di un suono che si sposta leggermente verso un’altra direzione. Forse é ora che tutto il djent, non solo i TesseracT, inizi a guardare in un’altra direzione.